Ho due ricordi molto netti di quando lavoravo in carcere, prevalentemente con ragazzine Rom.
Una era entrata più volte in CPA, incinta. Dichiarava 16 anni, adesso non ricordo come si chiamava, anche se da qualche parte ho ancora il suo indirizzo e un vecchio cellulare. Le chiesi se preferiva un maschio o una femmina, e con molta lucidità mi disse che sperava di avere un maschio. Essere femmine, nella sua etnia, era una jattura. Non potevi mai fare quello che volevi, prima dovevi obbedire a tuo padre e poi a tuo marito, sperando che te lo fossi scelto e non ti fosse toccato, dagli 8 anni circa cominciavi ad andare a rubare, e quando ne avevi 14 o 15 cominciavi a dover fare figli, così potevi andare a rubare senza finire in carcere. E poi a 18 anni non servivi più a niente.
Yagoda, invece, che lei diceva significare Fragola, ma più probabilmente viene dal russo che invece significa Mora, era molto bella e molto triste. Le pesava la sua vita, e l’immutabilità di tutto quello che era un destino già scritto e segnato. Ho provato a spiegarle che poteva cambiare strada, che se lo avesse chiesto avremmo potuto organizzare un collocamento in comunità protetta (non è facile andarsene da una famiglia in cui rappresenti una fonte di reddito importante), avrebbe potuto studiare, trovare un lavoro. Lei, coi suoi profondissimi occhi scuri, mi ha guardato quasi con compassione, dicendomi che nessuno le avrebbe mai dato un lavoro, visti i suoi precedenti, e comunque lei stessa non sarebbe mai stata certa di potersi fidare di sé, o che la sua natura o cultura che fosse non avrebbe avuto la meglio. Mi disse proprio così “io non lo so se sono capace di stare in un posto e non rubare, neanche se fosse casa tua e io ti voglio bene”.
Non le ho più incontrate. Come non ho più incontrato Ciccio, che è morto sparato durante una rapina poche settimane fa. Ed era sicuramente un sinti che commetteva reati su reati, ma io me lo ricordo ragazzetto cicciottello e persino simpatico.
Ho incontrato persone, non etnie. Ho incontrato storie, non destini. Poteva andare tutto diversamente. Ma ho iniziato a farmi domande sulla potenza della cultura, sulla forza della coazione a ripetere, sulle profezie che si autoavverano, e sui circoli viziosi del pregiudizio e della sfida.
So che molti rom delinquono. Non è che mi è sfuggito.
Eppure immagino gli stessi occhi delle mie ragazzine segnate da un destino che si accetta per non subirlo negli occhi delle due bimbe e della ragazza morte nella loro roulotte bruciata a Centocelle stanotte.
Se smettessimo di chiamarli rom e li chiamassimo bambini?
Molto bello questo post e le cose che hai raccontato ! Dovremmo aver più testimonianze come le tue per far andare le cose diversamente dalla realtà… Anche se cambiare, probabilmente è difficile, ma riflettere e pensare è importante ! Si sta perdendo il senso della Vita !