L’unica cosa che mi infastidisce dell’isolamento sociale è questa. Abito vicino a un passaggio a livello, perché si ha bisogno di avere le cose che si avevano da piccoli, e io ho scelto la vicinanza alla strada ferrata. Due volte al giorno faccio in modo di uscire di casa per andare al lavoro e viceversa in un momento che mi consenta di vedere abbassarsi le sbarre, e passare i treni per Venezia. Treni vuoti. Con un viaggiatore per vagone, quando c’è folla. 4 vagoni 4 passeggeri. Per me, ex pendolare ansiosa, il treno strapieno di gente è sempre stato un problema, tanto che a un certo punto ho smesso di prenderli. Poi ho ricominciato, ma il sogno vero di un passeggero ansioso è un vagone vuoto. Mi capitò una volta sola, su un intercity dell’ora di pranzo di un maggio caldissimo da Venezia a Rimini. Si era rotta l’aria condizionata, e la capotreno aveva fatto spostare tutti in un altro vagone, ma io rimasi (a condizione che mantenessi il decoro nel vestire e non mi spogliassi per il caldo, disse la capotreno) da sola, e fu un viaggio strepitoso, come aver lasciato l’ansia nell’impianto di condizionamento dell’altro vagone.
Ecco, vorrei salirci su un treno ora, anche per non andare da nessuna parte se non rimanere su quel treno da Venezia a Trieste e ritorno, per la sola ragione del viaggio, su un treno vuoto, io e i miei pensieri, io e le luci nel buio di case intraviste, io e grandi risaie e filari di pioppi. Son tutte sballate citazioni di canzoni che amo, perché su un treno vuoto in non potrei che andare e cantare.
Quando finirà tutto questo mi tornerà prepotente l’ansia, e i treni mi faranno di nuovo venire il mal di pancia, e sarà una lotta tornare a salirci, anche se ci salirò, ma non avrò più la stessa voglia di viaggiare che ho avuto in questi due mesi, tornerò io, come ero prima, che salivo sul treno se dovevo ma in fondo anche no, se si può.
Perché non sarò diversa, e mi dispiace. Avrei voluto essere migliore, avrei voluto cogliere questa occasione per rivedere alcune cose. Invece a differenza di un sacco di gente non ho pulito casa, non sono andata al Cerd, non ho cucinato, non ho consumato un grammo di lievito, non mi è venuta voglia di sentire persone che non sento da tempo per dir loro che gli voglio bene, non mi è venuta voglia di cercare amici che ho perduto, e non ho sentito realmente la mancanza di quelli che ho e non ho potuto vedere, salvo rare rarissime eccezioni. Non ho pensato che dovrei trovarmi un compagno per poter non stare da sola se dovesse riaccadere, non ho smesso di chiedermi che senso abbia la mia vita, ma per una sorta di rispettoso senso di colpa per chi è morto suo malgrado ho evitato di pensarlo ad alta voce.
Certo, in tutto questo ho avuto l’opportunità di usare seriamente e in maniera sistematica tutto quello che studio e mi appassiona da anni. Sono 12 anni che mi occupo di formazione a distanza, e indubbiamente quando cazzo mi ricapita di essere una che sa le cose che servono nel momento in cui servono. Ho impegnato il tempo, tutto, tra il lavoro e le passioni, che sono un lavoro anche quello ma è un lavoro diverso, è un modo per essere me stessa, al meglio di quello che so.
E non capisco se mi sento una che ha perso un treno vuoto su cui avrebbe potuto salire ed essere felice, o una che il suo treno lo sta guidando, nonostante tutto, col finestrino aperto (perché i treni veri sono quelli di una volta), finalmente come mio padre, – e mai come in questo periodo mi sono sentita vicina ai miei genitori nella lontananza, e piena di riconoscenza nei loro confronti – macchinista ferroviere.
…Belle emozioni !