La Francia è un paese da sempre laico. Sulla base dei valori della sua laicità, che a volte diventa laicismo, ha, molto prima degli attentati e dell’Isis, vietato nelle scuole (laiche), nelle piazze, nei negozi, negli ospedali, nei mezzi di trasporto, l’utilizzo del velo integrale (Legge entrata in vigore l’11 aprile 2011). Quindi, anche se la sensazione che oggi la scelta di multare il burqini nelle spiagge sia un po’ più di allora figlia della tensione e meno nella laicità, si inserisce in un percorso che ritengo quantomeno coerente.
Ma questa è la Francia. La laica Francia.
Quelli che in Italia rompono le balle con la storia del vietare il velo integrale (che poi per ignoranza chiaman tutti Burqa anche se magari è un niqab o peggio, un banale hijab, poco diverso da quello che in alcuni paesotti del nostro Paese le donne portano ancora) invece lo fanno, a seconda, per propaganda politica anti immigrazione (sotto i burqini si nascondono le cinture esplosive, che ormai sono idrorepellenti….) o per ignoranza. Dubito lo facciano per una questione di laicità, e tantomeno per una questione di rispetto della donna.
In ogni caso, visto che state sempre tutti a dire “prima gli italiani”, quando avrete tolto dai luoghi pubblici i Cristi in croce che spiccano nelle aule delle scuole e negli ospedali, magari riparliamo della libertà di esposizione dei simboli religiosi e di laicità. E ci mettiamo dentro anche il burqini. Che io, visto che non posso prendere il sole, quasi quasi adesso mi compro. Voglio incontrarlo il vigile che mi impedirà di usarlo alle piscine comunali, visto che non ho nemmeno l’aggravante di essere musulmana, essendo felicemente atea.